LA LOBBY DE “IL RIFORMISTA”, IDEE NUOVE PER DARE VOCE E GAMBE AI QUATTRO PILASTRI DEL FALLIMENTO POLITICO

Il riformismo non viveva giorni felici quando fondammo questo giornale, nell’ottobre 2002. Nel 2001 era tornato al potere Berlusconi, dopo cinque anni in cui il centro-sinistra di governo aveva dato il meglio di sé, facendo e disfacendo maggioranze, impegnandosi in feroci lotte intestine, consumando leadership come caramelle.

E, come sempre dopo ogni sconfitta, la sinistra sognava di tornare al governo eccitando i militanti e mobilitando le piazze con un aspirante leader (quanti altri ne sono passati, da allora!) che nella primavera aveva riempito il Circo Massimo. A noi tutto ciò appariva lunare: ma come, le elezioni le avete perse per una palese incapacità di governare e rinnovare il paese, e vi dedicate a organizzare le piazze, senza sforzarvi di imparare qualcosa dagli errori commessi?

Fu su questa domanda inevasa che nacque “il Riformista”. Per dire che la politica non poteva essere (come non è e non può essere) astrazione, propaganda, demonizzazione degli avversari. Noi, strani sognatori, volevamo guardare in faccia la realtà. Con pragmatismo, concretezza, anche un certo disincanto, sempre animati da passione laica e civile.

Antonio Polito, che prese per primo il timone della navicella, vinse la scommessa grazie al suo acume giornalistico e politico, allevando una bella nidiata di giovani colleghi che avrebbero contribuito ad un salto generazionale e culturale dell’intera categoria. Dopo di lui il quotidiano visse momenti difficili, dovuti alla crisi epocale dell’editoria, a cambi di proprietà, e poi si spense. Fino a quando, con un atto inopinato di coraggiosa follia, Alfredo Romeo riprese e rilanciò la testata, affidandone la direzione a Piero Sansonetti. Da allora “il Riformista” ha ripreso a dire la sua, all’insegna del sanguigno e determinato garantismo di Piero. E oggi, dopo la rutilante stagione renziana e quella breve di Alessandro Barbano (auguri per la nuova avventura!), il timone passa a me.

I quattro pilastri del fallimento

In parallelo con la piccola grande storia di questo giornale, faceva passi da gigante il declino italiano.

A tirare oggi una riga, siamo l’unica grande economia dell’Occidente con un tasso negativo di crescita della produttività nell’ultimo ventennio: significa che ci impoveriamo ogni giorno che passa. La nostra scuola forma studenti le cui competenze sono tra le più scadenti d’Europa: significa futuro precluso, altro che inversione della curva demografica grazie a qualche bonus. Non riusciamo da decenni a produrre uno straccio di riforma delle istituzioni per adeguarle al mondo che cambia. Sempre da decenni, l’agenda mediatico-giudiziaria scandisce, cinica e implacabile, tempi e ritmi della vita pubblica. Economia, formazione, istituzioni e giustizia: quattro pilastri di un fallimento cui hanno contribuito tutti coloro che si sono alternati alla guida del paese dagli inizi del secolo.

Il riformismo si nutre di idee nuove

E i riformisti non possono certo dirsi estranei a questo panorama di rovine, perché in questi anni diverse occasioni le hanno avute e sprecate. Ma tranquilli, non ne parleremo mai: non ci piace guardare indietro, non serve recriminare o rimpiangere. Bisogna invece scendere in campo nel mondo inesorabilmente cambiato, vedendone il bello e non solo le tragedie, facendo funzionare la testa (e un po’ di cuore, che a volte ci difetta). Perché anche il riformismo, come qualunque categoria politica, diventa un’etichetta senza significato se non si nutre di idee nuove.

La lobby de “il Riformista”

Per questo da oggi l’obiettivo ambizioso de “il Riformista” è diventare (abusatissima espressione!) un laboratorio progettuale e soprattutto – qui uso il termine deliberatamente – uno strumento di lobbying al servizio di nuove idee, che già nel numero del 18 aprile cerchiamo di immaginare con una specie di carrellata in piano sequenza (di cui ci perdonerete una certa supponenza). Da qualunque schieramento arrivino, la lobby de “il Riformista” sosterrà proposte che facciano ripartire la crescita economica attraverso l’innovazione tecnologica e l’apertura dei mercati, si batterà per obiettivi di riforma e semplificazione delle istituzioni, ingaggerà costantemente battaglie garantiste in difesa del cittadino contro la micidiale tenaglia mediatico-giudiziaria italiana. Solo così potremo daremo voce e gambe, speriamo, ad una nuova stagione del riformismo.

Alfredo Romeo, imprenditore appassionato e lungimirante, contribuì a far partire la navicella nel 2002, ha difeso negli anni il marchio e il profilo di questa testata, e oggi mi regala un’opportunità, di cui lo ringrazio. A questo giornale voglio un gran bene: cercherò di farlo nel modo migliore.

P.S. A differenza di altri colleghi più bravi, non reciterò la mia messa cantata ogni giorno. Partorire idee nuove è difficile e faticoso. Scriverò quando avrò qualcosa da dire.

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